Il problema della depredazione o distruzione del Patrimonio archeologico sommerso è stato oggetto di attenzione in seguito alle scoperte periodicamente compiute nei mari circostanti alla Sicilia. Il rischio che potevano correre inestimabili tesori da parte dei cosiddetti “predoni del mare” ma anche semplicemente da parte dei pescatori che potevano imbrigliarli nelle loro reti, spinse Sebastiano Tusa, dopo una lunga istruttoria, a collaborare alla redazione della Carta di Siracusa che pose le basi, nel 2001, per la promulgazione del trattato internazionale UNESCO sulla protezione del patrimonio storico e culturale subacqueo del Mediterraneo. Si tratta di uno strumento giuridico universale con alti standard protettivi e ottime qualità normative e metodologiche. La convenzione contiene aspetti notevolmente innovativi tra i quali quello di considerare la ricerca e la gestione del patrimonio culturale subacqueo, soprattutto in acque extraterritoriali, come un’attività regolata in regime di cooperazione internazionale, così come l’indicazione di mantenere gli oggetti nei contesti originari stimolando la creazione di parchi ed itinerari archeologici subacquei che la Sicilia e l’Australia hanno già realizzato.
Nel 2004 nasce in Sicilia la prima Soprintendenza del Mare (esempio unico in Italia) col compito di ricercare, tutelare e gestire il Patrimonio Culturale Sommerso. La felice intuizione di Sebastiano Tusa ha visto la realizzazione di una struttura con competenze interdisciplinari - archeologiche, antropologiche, storiche e paesaggistiche - in grado di controllare, tutelare, valorizzare e promuovere i Beni in questione. Nominato quello stesso anno Soprintendente del Mare per la sua alta competenza nel settore maturata già anni prima, Sebastiano Tusa ha sempre dimostrato grandi capacità organizzative e progettuali che ha portato avanti in maniera eccellente anche quando, nel suo ultimo anno di vita, ha ricoperto la carica di Assessore Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana. La Soprintendenza del Mare, sin dalla sua istituzione, si è avvalsa della collaborazione con le Università e molti enti di ricerca nazionali ed internazionali, senza tralasciare l'attività con le forze dell’ordine quali la Guardia Costiera, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia di Stato e i Vigili del Fuoco.
Tra i primi progetti portati avanti, il “Progetto Egadi” ideato con lo scopo di raggiungere un importante risultato scientifico: la ricerca e lo studio delle navi che hanno partecipato alla famosa Battaglia delle Egadi (241 a.C.) avvenuta tra le flotte cartaginese e romana, durante l'ultima fase della Prima guerra punica.
Soltanto la cooperazione tra diversi specialisti e istituzioni e soprattutto una solida base di principi volti al soddisfacimento d’interessi collettivi deve ispirare la nostra linea di condotta pena la perdita di una delle più consistenti legittimazioni alla nostra stessa esistenza di abitanti di questo pianeta per tre quarti costituito da acqua. Nel breve volgere della storia dell’archeologia subacquea come scienza, cioè dagli anni ’50 del secolo appena finito, a oggi, la parola “recupero” è stata a lungo intrinsecamente legata a ogni pratica che comportasse lo studio, l’analisi e la fruizione di beni, relitti e architetture sommerse
(Sebastiano Tusa)